Legumi: carboidrati o proteine (o molto di più)?

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I legumi sono un alimento tanto eccellente quanto “non capito”. Alcuni dicono che non dovremmo mangiarli perché se fossimo fatti per digerirli non avremmo problemi come flatulenza, borborigmi e “aria” quando li mangiamo. Altri dicono che tutto ciò non è vero e che si possono mangiare senza alcun problema.

Le visioni differenti riflettono una differenza di contesti in cui il consumo di legumi viene analizzato. Che i legumi diano dei problemi è vero, ma è anche vero che alcuni li tollerano meglio di altri (Winham e Hutchins 2011).

Per questo il nostro consiglio lascia stare le dicerie e si concentra sulla pratica: pensa a te e chiediti se, quando mangi legumi, il tuo intestino ne risente e se ne risente al punto che il fastidio supera il beneficio (gusto, benessere, sazietà). Se la risposta alle due domande è sì, limita il consumo di legumi o mangiali seguendo uno dei vari metodi di cottura di cui parleremo dopo. Se la risposta è no, be’, vai a goderti la tua spadellata di legumi preferiti.

Presa la decisione di mangiare legumi, la domanda successiva è: “Come li considero? Carboidrati o proteine?” L’approccio alla dieta Oukside è squisitamente pragmatico in termini di scelte alimentari: dividi gli alimenti in poche categorie (fino a sole 3!) e in esse fai sostituzioni tout-court. Non preoccuparti troppo delle piccole variazioni, perché - come abbiamo spiegato nel Libro Never Diet - ci sono almeno 3 “meccanismi” che fanno sì che essere troppo precisi porti in realtà ad essere meno precisi. Ne abbiamo parlato anche descrivendo l’illusione della dieta grammata e precisa.

I legumi, secondo il nostro metodo di categorizzazione alimentare, rientrano nella categoria degli alimenti “proteo-glucidici”: apportano sia proteine che carboidrati. Quando li mangi, quindi, dove li posizioni? Come li sostituisci in modo semplice per non tornare di nuovo a fare calcoli da Ingegnere? Dobbiamo aprire alcuni argomenti, che riguardano in particolare:

  • Gli obiettivi: grossolanamente divisi in ridurre o aumentare il peso (si dà per scontato si punti a ridurre il grasso corporeo, nel ridurre, e ad aumentare la massa muscolare, nell’aumentare).

  • La dieta: se basata predominantemente sui vegetali (vegetariana o vegana), oppure no (onnivora); non lo sappiamo ancora con certezza, ma pare che l’organismo si adatti a usare gli aminoacidi anche se provenienti da “fonti a basso valore biologico” (la storia del valore biologico ha ormai poco senso; ma questo è un capitolo a parte) (Pohl et al, 2021).

  • La tipologia corporea: ‘spiace dirlo, ma chi ha tendenza ad ingrassare ha più difficoltà a trarre le proteine con cui il suo corpo funziona bene da una dieta vegetariana o vegana; diverso è per chi ha una buona predisposizione genetica ad avere un corpo asciutto.

⚠️ Attenzione qui. Abbiamo visto negli anni un sacco di diatribe, proprio perché non venivano considerati questi punti - cosa che noi facciamo. Quello più pericoloso, comunque, resta il terzo, specie quando il “geneticamente predisposto” si mette a fare il consulente o coach. Forte della sua esperienza, dei suoi pasti ricchi di cereali e legumi a fiotti, con pochissime proteine da fonti “dirette”, va pericolosamente in giro a raccontare che tutti possono fare la stessa cosa. Che ricade in un approccio One Size Fits All che proprio non si addice al miglioramento del benessere personale.

Per questo, nel considerare la tua alimentazione in relazione al tuo consumo di legumi, basati sempre su di te: pensa agli obiettivi che hai in un certo momento, l’approccio dietetico che stai adottando, e la predisposizione del tuo corpo ad avere certe proporzioni. Non ti basta andare da “L’esperto vegano” pensando che questo possa aiutarti, dovresti andare da “L’esperto di Te” e questo, quasi sempre, sei Tu.

Andiamo finalmente al nocciolo della questione e guardiamo nel dettaglio i tre punti cui prestare attenzione.

Legumi, dimagrimento e massa muscolare

Una semplificazione utile è questa: 

  • Quando vuoi perdere peso, considera i legumi come carboidrati; ergo, considerali sostituzione dei carboidrati. In genere, i legumi secchi puoi sostituirli tout court con gli alimenti glucidici “diretti”, cioè quelli a prevalenza carboidrati - come pasta, riso, pane. Quando i legumi sono già cotti, il loro peso aumenta di circa 3 volte. Il che vuol dire che - ad esempio - 300 g di legumi cotti sostituiscono 100 g di (per dirne un paio) pasta o riso.

  • Quando vuoi aumentare di peso, considera i legumi come fonte di proteine. Un legume secco può sostituire tout court alimenti proteici “diretti”, cioè quelli a prevalenza proteine - come carne, pesce, salumi. Ciò vuol dire che 100 g di carne possono essere sostituiti da 100 g di legumi secchi (o 300 g, se cotti). Potresti fare un passo extra “raffinato”, per scrupolo di ottenere uno spettro di aminoacidi completo (ma, a breve, parleremo di questo): nella giornata in cui in uno dei pasti hai messo legumi come fonte proteica, assicurati ci siano anche fonti proteiche dirette - negli altri pasti o in aggiunta allo stesso.

Legumi e dieta vegetariana o vegana

Le cose cambiano un po’ quando si tratta di dieta vegetariana o vegana. La questione che ci siamo sempre fatti in ambito nutrizionale è questa: alcuni alimenti non derivanti da animali contengono, sì, proteine, ma esse hanno uno spettro di aminoacidi differente. Con degli aminoacidi che sono presenti in misura così bassa da non garantire lo scopo funzionale che “dovrebbero” garantire - i cosiddetti aminoacidi limitanti.

Spieghiamo meglio questo passaggio. Alcuni alimenti, come il riso, i fagioli, il mais, etc, apportano proteine ma queste proteine hanno uno o più aminoacidi presenti in quantità limitate. Così, parte di quelle proteine non sono utilizzate dall'organismo nello stesso modo in cui sarebbe utilizzata la stessa quantità di proteine con uno spettro di aminoacidi differente (più “equilibrato” tra i vari aminoacidi). Per intenderci, lo “spettro” di aminoacidi è un vero e proprio spettro, una cosa del genere (Kalman, 2014):

L’esempio qui su è relativo al riso scuro. Emerge in modo chiaro quale sia o, meglio, quali siano gli aminoacidi limitanti (Cistina, Istidina, e Triptofano in questo caso). Emerge in modo chiaro, però, anche che essi non sono presenti in quantità nulla. Da cui la domanda: se un aminoacido è “limitante” mangiando una certa quantità di riso scuro (o legumi), è ancora “limitante” raddoppiando o triplicando tale quantità? La stessa domanda in un’immagine - dove l’esempio è relativo ai legumi, in generale:

Il punto è quindi questo: posso mangiare soltanto alimenti con “aminoacidi limitanti”, ma in quantità tale che non siano più limitanti in termini di funzionalità? Per funzionalità, intendiamo qui la funzione che è assolta dalla stessa quantità di proteine, assunta da fonti con spettro di aminoacidi più equilibrato.

La domanda non ha facile risposta ed è strettamente dipendente dalle caratteristiche fisiche di chi se la pone. Persone con meno tendenza ad ingrassare potrebbero derivare tutte o quasi le loro proteine da fonti proteiche con “aminoacidi limitanti”, mangiate in quantità superiori a quelle comuni, al punto da rendere gli aminoacidi non più limitanti. È vero che, a parità di condizioni, una persona che si basa su una dieta vegana ha generalmente un’assunzione di legumi e cereali già maggiore (Craig et al, 2021) rispetto a una persona che ha una dieta onnivora. Questo fa sì che, di base, una dieta vegetariana o vegana riduca di per sé il problema degli “aminoacidi limitanti”.

Le persone con più tendenza ad ingrassare - cosa che può indicare una capacità differente di utilizzare il mix di nutrienti in ingresso con la dieta, specie relativamente ai carboidrati - dovrebbero invece fare più attenzione e assumere parte delle loro proteine da fonti più “dirette” (che contengono, cioè, in prevalenza proteine, con meno carboidrati: le fonti proteiche vegetali utili a questo scopo sono i noti tofu, tempeh, seitan, soia…).

Legumi, educazione alimentare e benessere

Prima abbiamo posto l’accento su dimagrimento e massa muscolare, con dei criteri di selezione per i legumi abbastanza specifici. Questi possono essere utili per chi vuole starci un po’ dietro e imparare a gestirsi in modo più fine. Ma si può rendere il tutto ancora più flessibile? Specie se si tratta di migliorare la propria alimentazione per un benessere di lungo termine, al di là di aspetti specifici, la risposta è Sì.

Infatti, le nostre osservazioni sulle persone che mirano a educazione alimentare, benessere e forma fisica di lungo termine, sono le seguenti:

  • Chi segue una dieta onnivora ha una scelta di “secondi” abbastanza ampia da far sì che i legumi vengano inseriti con buon senso 2-4 volte a settimana (o, meglio: in 2-4 pasti della settimana). Vista questa frequenza, non serve fare troppi calcoli: nel momento in cui si vuole mangiare un piatto completo - come, ad esempio, una zuppa o un primo come “pasta e fagioli”, “risi e bisi”, etc. - lo si mangi pure come “pasto completo”; nel momento in cui si vogliano mangiare legumi come una sorta di contorno, si inseriscano come quota di carboidrati.

  • Chi segue una dieta vegetariana o vegana, potrebbe prestare accortezza alla sua tipologia corporea: chi tende a non tollerare così bene grandi quantità di carboidrati, dovrebbe alternare l’assunzione di proteine da legumi / legumi + cereali con fonti proteiche “veg” quali tofu, tempeh, seitan e, in generale, alimenti con elevate percentuali di proteine rispetto ai carboidrati; chi tende a tollerare bene elevate percentuali di carboidrati, può avere un approccio più libero nell’assunzione di legumi / legumi + cereali.

(In merito a tolleranza di più o meno carboidrati, ci riferiamo alla flessibilità metabolica.)

Legumi più digeribili: metodi di cottura e oltre

Potrebbe essere utile sapere di poter mangiare legumi “a cuor leggero”, cioè abbattendo il rischio di fastidi gastrointestinali dopo averli mangiati. È bene sapere che gli effetti dei legumi su digestione e intestino sono dovuti principalmente alla presenza degli oligosaccaridi, alla consistenza della buccia e alla presenza di alte concentrazioni di fibra. Va da sé che per ridurre gli effetti spiacevoli derivanti dal consumo di legumi “basti” ridurre la concentrazione degli oligosaccaridi, ammollare la loro buccia e abbassare il carico di fibra. Tutt’e tre le cose si possono ottenere con degli espedienti da mettere in atto per preparare i legumi.

È sempre buona la prassi di consumare i legumi dopo averli fatti stare in ammollo per lungo tempo, almeno 12 ore, avendo cura di cambiare l’acqua 2 o 3 volte. La quantità d’acqua utile per una buona dispersione degli oligosaccaridi è almeno 3 volte il peso dei legumi secchi (per ammollare 150 g di legumi, usa 450 ml di acqua). Questo serve anche ad ammollare la buccia dei legumi, cosa che può essere “potenziata” con l’aggiunta 1-2 cucchiaini di bicarbonato all’acqua di ammollo.

È importante che la cottura sia fatta a partire da acqua fredda, arrivando a farla bollire, ma poi abbassare la fiamma per farla solo sobbollire - aggiungendo il sale solo a fine cottura. La temperatura leggermente più bassa fa sì che la buccia non indurisca impedendo una buona cottura interna. Aggiungere in cottura erbe e semi con proprietà carminative (riduzione di gas intestinale) come alloro, semi di finocchio, cumino o la famigerata Alga Kombu, permette di ridurre ulteriormente i possibili effetti intestinali.

Una modalità noiosa ma efficace per aumentare a dismisura la digeribilità dei legumi è sbucciarli - cosa che va fatta un legume alla volta! In alternativa, se si vogliono usare in crema, si possono passare col passaverdure (non col frullatore, la buccia resterebbe nel composto). Oppure, si possono usare legumi già decorticati (in commercio si trovano soprattutto lenticchie e cicerchie) o, ancora, le farine - ad esempio, quella di ceci per ottenere farinata o cecina - e il loro derivato, la pasta di legumi.

Che ne direi dei legumi precotti? Se proprio non si ha modo di partire dal legume secco, ammollarlo, prepararlo, cuocerlo, rischiando che venga cotto poco e male (generando quindi molti più fastidi), allora si può pensare ad usare i legumi precotti. Meglio quelli in vetro che in scatola, in ogni caso il consiglio è eliminare l’acqua di governo e sciacquarli con acqua corrente finché riprendono un colore vivace.

Qualsiasi sia il modo in cui vuoi introdurre i legumi nella tua dieta, se non li stai consumando o li stai consumando solo sporadicamente, ti consigliamo di iniziare a piccole dosi (ad esempio, come contorno) ma con buona frequenza (3-4 pasti a settimana), così da abituare il tuo organismo dandogli modo di produrre gli enzimi utili a una migliore digestione. Preferibilmente, quando mangi legumi, evita di caricare troppo di fibre da altre fonti il tuo pasto.

Legumi, dieta vegana “ipo”proteica ed etica

Le discussioni sul fatto che “un vegano non può campare perché assume poche proteine” si sprecano. Come abbiamo già detto, questo non è vero: le dinamiche cambiano (Pohl et al, 2021) in caso di dieta vegana e non si può più parlare di “fabbisogni” né tantomeno di “valore biologico” ideali, in merito ad aminoacidi e proteine. C’è però qualcos’altro che non viene considerato, perché ci si concentra - purtroppo, come sempre - troppo spesso su fattori specifici perdendo di vista il resto.

La iperfocalizzazione sulla dieta porta a dimenticare perché si sceglie in prima istanza una dieta vegana; per lo meno: il “vegano intelligente” e non il “vegantalebano” altresì detto veganebano la sceglie in primis per motivi etici.

Cosa c’entra la scelta etica con la salute? Be’, andando oltre ciò che conviene al mercato delle diete, del cibo, degli integratori e chi li vende o vende consulenze su essi (nutrizionisti e dietologi veg e quant’altri), è presto detto. Chi di mestiere pensa al benessere in senso vero, ampio e sincero (come Soresi, Sapolsky, Benedetti - soltanto per citarne alcuni) ci ha fatto capire che cambiamenti nel nostro approccio alla vita, nei nostri credo, nei nostri valori, modificano a livello biologico (biochimico) il nostro corpo e le sue risposte (Koenig, 2012).

Pur con dei limiti - non raccontiamo che credere in una cura sia o dia la cura o che credere nel risultato che darà una certa strategia dietetica sia o dia il risultato -, il sentirsi bene con un certo approccio contribuisce al risultato che quell’approccio dà. Ragionando in termini soltanto meccanicistici e numerici, è vero che esiste una “dieta migliore”. È quando si mette dentro il “fattore umano” che una dieta “un po’ peggiore”, ma in cui crediamo di più, può fornirci risultati superiori - sempre se non ci si discosta oltremodo da regole di buon senso abbastanza universali (credere che mangiare pizza e gelato a sbafo 4 volte al giorno possa far star bene, non funzionerebbe).

Tutto questo ci permette di dire che, anche fosse che la dieta vegana non è “perfetta sulla carta” in termini di apporti di aminoacidi e proteine, il benessere che apporta derivante dagli altri fattori (la credenza e modalità di approccio; vedi articolo sul placebo) potrebbe compensare e superare quegli “errori”.

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