Cotto, e sgarrato: come evitare gli sgarri alimentari

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Iniziamo il discorso riguardo agli sgarri sottolineando come non abbia senso usare il termine “sgarro” in un contesto di dieta non inteso come rigide regole. Nonostante ciò, siccome nel parlare comune ci si riferisce con questo termine a pasti molto diversi dal solito, più abbondanti, grassi e/o zuccherini, e poco frequenti (perché, se molto frequenti, non si può più parlare di sgarro, semmai di “cattiva abitudine”), manterremo questa denominazione. 

In questo articolo non ci sono “le 10 strategie per rimediare allo sgarro”, che non esistono e non sarebbero le stesse per tutti, ma una riflessione sull’approccio allo sgarro stesso. Se, invece, ti interessa capire come gestire i momenti di “libertà alimentare” (non proprio sgarro) come qualcosa di utile e fondamentale al tuo percorso per stare bene e in forma, puoi leggere la guida al pasto libero

Anatomia dello sgarro

In forma breve, cerchiamo di capire quali componenti portano a “sgarrare”, per poi delineare delle strategie pratiche non tanto per evitarlo, bensì per capire come accoglierlo (cosa che, di fatto, fa sì che lo sgarro non sia più sgarro).

1 • Bisogno di sgarrare

Partiamo dal perché, a volte, senti la necessità di sgarrare. In generale, se hai bisogno di “uscire dagli schemi” è perché:

  1. quegli schemi non dovrebbero esistere, e 

  2. se esistono, non sono adeguati a te. 

Potremmo adesso lanciarci in discorsi filosofici sul rapporto fra corpo e mente, ma la verità è che nella pratica le due cose sono inscindibili: se senti il bisogno di sgarrare, vuol dire che qualcosa a monte “manca”, ma non è possibile sapere se sia “mentale” o “fisico”. 

Potremmo poi perderci in infinite riflessioni su quale delle due componenti abbia generato l’altra; a livello pratico, l’unica cosa che ci interessa è il fatto che il bisogno c’è. Perché, una volta che il bisogno c’è, resistergli diventa una lotta impari e nella maggior parte dei casi uno sforzo inutile. Citando Oscar Wilde, “L’unico modo per liberarsi da una tentazione è cedervi”. Questa citazione andrebbe letta non come autoassoluzione, ma come profonda consapevolezza che concerdersi qualcosa permette di liberarsi dall’”urgenza” di averla, operando una scelta libera e consapevole.

Come detto, il bisogno di sgarrare potrebbe derivare da vari fattori, che potrebbero non avere nulla a che fare con l’alimentazione in senso stretto, riconducibili ad una delle 9 componenti del nostro framework. Non ci interessa sapere cosa accada nel dettaglio, ma individuare da dove arriva quell’esigenza.

Puoi iniziare l’analisi in modo semplificato, valutando le 4 macroaree in cui i 9 fattori del benessere sono raggruppati e analizzando lo sgarro in riferimento agli ambiti Alimentazione, Movimento, Benessere e Abitudini. 

Si tratta, per ogni area, di chiederti se ci sono delle “mancanze”. Ad esempio, il modo in cui mangi abitualmente non ti soddisfa (area Alimentazione), oppure hai un sovraccarico mentale perché non riesci a definire che obiettivi vuoi raggiungere (area Benessere), e così via. Puoi partire da domande “di base”, e poi modificarle adattandole a te:

  • Area Eat / Alimentazione: Mangio, fino a sentirmi piacevolmente soddisfatto, alimenti che sento mi danno energia e che reputo gustosi?

  • Area Move / Movimento: Esprimo il mio corpo nel modo in cui è progettato, per lo meno entro certi paletti?

  • Area Feel / Benessere: Sento di poter auto-determinare il mio benessere?

  • Area Enjoy / Abitudini: Mi dò spazi e tempi congrui per stare con me stesso senza fare per forza qualcosa?

Fatto questo, puoi chiederti come quelle mancanze interagiscono e quale “trascina” l’altra. Ad esempio, la tua dieta attuale non ti soddisfa e questo ti porta a distrarti al punto da non sapere definire i tuoi obiettivi, oppure è la non definizione degli obiettivi che ti porta, anche lato dieta, a non avere voglia di capirne un po’ di più per rendere il tuo modo di mangiare più soddisfacente? Puoi andare più a fondo: ad esempio, il modo di mangiare non ti soddisfa di per sé, oppure, se avessi chiari i tuoi obiettivi “di vita”, troveresti gustosa anche un’alimentazione molto essenziale?

Questo approccio ti permette di svincolarti da quello tipico “settoriale”, allargare la visione e di avvicinarti velocemente alla soluzione. 

Idealmente, sarebbe bene che durante la giornata tu riuscissi a “lavorare” su ciascuna delle 4 aree valutate. Questo ti dà benefici non solo sul “controllo degli sgarri”, ma sul tuo benessere a tutto tondo.

2 • Simbolo dello sgarro

Quando “si sgarra” con un determinato cibo, non lo si fa semplicemente per il gusto di quel dato alimento, ma più profondamente per ciò che quel cibo / gusto rappresenta: è innegabile che il nostro cibo preferito non sia tale “solo” per il sapore che ha, ma per il significato che ha acquisito per noi. Questo significato può essere direttamente legato ad un ricordo o ad un contesto (pensa alla famigerata madeleine di Proust). È pur vero che quando si sgarra non lo si fa sempre con lo stesso alimento, ma spesso si spazia all’interno di una “categoria” di alimenti (ad esempio, “dolci croccanti”). Questo avviene perché il nostro cervello ha imparato nel tempo che quel tipo di cibo provoca piacere. Nel caso del “cibo preferito”, oltre al piacere per il cibo in sé, il piacere è amplificato dal significato che quel cibo ha.

Così, come un determinato alimento può simboleggiare qualcosa di significativo, anche il comportamento stesso del “mangiare” o dello “sgarrare” può avere un suo significato - al di là di cosa si mangia. Perciò, a volte, può accadere di sgarrare per lo sgarro in sé, indipendentemente dal cibo consumato o dal contesto.

Per tutto questo, nell’analisi dei fattori che portano a ricercare “lo sgarro", valutare il solo fattore dietetico è riduttivo e, quasi sempre, fallimentare. Il cibo non serve solo a nutrirci in senso fisico, ma anche in senso mentale, emotivo, spirituale. Soddisfa un bisogno edonico attivato da emozioni, ricordi, sensazioni. È per questo che imporsi (o, ancor peggio, farsi imporre) restrizioni alimentari basate su “questo sì”, “questo no”, è sempre dannoso.

Una volta individuati i fattori che ti portano a ricercare determinati cibi in determinati momenti e contesti, puoi arrivare a discriminare se lo sgarro è “funzionale” (una reale ricarica per corpo e mente) o meramente “palliativo” (una distorsione che ti porta a sgarrare per non affrontare qualcosa che niente ha a che fare con la dieta).

Queste valutazioni ti permettono anche di “progettare e programmare” gli “sgarri”, e decidere autonomamente e ponderatamente quando e quanto concederti uno “sgarro” (che, quindi, non è più tale). Tutto nell’ottica di mantenere la tua fitness completa - fisica, emotiva, relazionale, etc. (puoi ampliare ascoltando la puntata del podcast sui pasti sgarro).

Sgarro sì, sgarro no

Con quanto detto, abbiamo trasformato lo “sgarro” in “non sgarro”: nel momento in cui comprendi perché ne hai bisogno e cosa simboleggia per te, diventi nel tempo sempre più in grado di fare una scelta consapevole su cosa e quanto mangiare, anche se non rientrava nei tuoi piani. Riesci, in breve, a modulare i tuoi piani affinché siano flessibili e sostenibili nel tempo, accogliendo le varie occasioni che si presentano.

 

Nota: questo concetto rientra in un concetto reale di dieta flessibile, su cui bisogna prestare attenzione. I “commercializzatori” della dieta flessibile, propongono in realtà uno schema che flessibile proprio non è. Ovvero, ti dicono di fare la conta di calorie e nutrienti e riservarne una piccola parte per cibi “sfiziosi”. Tutt’altro che flessibilità!

Includere nella propria dieta, in modo previsto e calcolato, degli alimenti comunemente non inclusi nelle diete (pizza, gelato, dolci…), è solo un cambio di forma, non di contenuto: si tratta comunque di imposizioni di regole stringenti e rigide. Adottare un approccio flessibile significa, piuttosto, stabilire un piano di massima già sapendo che ci saranno occasioni poco prevedibili e calcolabili, da accettare così come arrivano. 

 

Con questi possiamo ora delineare un approccio più concreto allo “sgarro”, che possiamo definire in due modalità differenti, a seconda di come tu ti senta più a tuo agio (in dipendenza, anche, da obiettivi che hai).

Sgarro ciclico

Nel fare la breve analisi consigliata sulle 4 aree presentate, noterai nel corso del tempo che si delineerà un pattern scandito da tempistiche che si ripeteranno: ti renderai conto che, bene o male, al di là di grossi cambi di abitudini, la voglia di mangiare qualcosa di diverso ti viene più o meno a intervalli simili. Vuoi per bisogni fisiologici, ad esempio perché ti piace allenarti intensamente e col passare dei giorni il tuo corpo “si scarica” e ti chiede alimenti più densi, vuoi per bisogni sociali, ad esempio perché il Sabato sera ti trovi sempre a cena con amici e ti piace lasciarti andare a del buon cibo in buona compagnia. Come detto, non possiamo discriminare i vari tipi di bisogni e, a dire il vero, neppure c’interessa: c’interessa quello che “è” a livello pratico, e cioè che la voglia di mangiare diversamente avviene ogni tot di tempo.

Potresti avere voglia di piccoli sfizi una volta al giorno o di qualcosa di più corposo, ma meno frequente (ad esempio, un intero pasto differente 2-3 volte a settimana), e così via. La tua tempistica è qualcosa che trovi seguendo quanto consigliato nella parte precedente di questo articolo. 

Una volta trovata, l’approccio allo “sgarro” (che, appunto, non è più tale) cambia radicalmente. Se già sai che di lì a qualche giorno avrai voglia - che potremmo ormai definire “necessità” - di un cibo o pasto differente da quelli che mangi abitualmente, in quel momento ti preparerai appositamente: magari ti prenderai più tempo per cucinare qualcosa di sfizioso, o mangiarlo in ambiente rilassante, o in compagnia divertente, affinché sia una vera e propria esperienza.

Sgarro occasionale

Se pensi che stabilire delle tempistiche e “progettare” il momento in cui concederti qualcosa di più o di diverso sia limitante o non si presti a te, puoi ragionare in termini di occasioni. Significa avere un approccio aperto e pratico: non è letteralmente (né umanamente) possibile calcolare le occasioni in cui vorrai mangiare una cosa in più o diversa. Ad esempio, perché ti troverai fuori con qualcuno, o per i fatti tuoi col bisogno di una “coccola” alimentare, o semplicemente di fronte a del cibo che magari è presente solo lì (pensa a quando vai in uno di quei paesini con la tradizione di un alimento che fanno solo lì e che credi possa piacerti un sacco… Cosa fai, non ti concedi quell’alimento?).

Arrivare ad adottare questa mentalità ti permetterà di accogliere le occasioni senza dover fare macchinazioni - né prima né dopo - per “compensare” quanto mangerai o quanto hai mangiato. Non fare come quelli del “bilancio calorico”, che magari calcolano calorie e nutrienti della settimana, e se sforano un giorno, bilanciano il giorno successivo o, se sanno sforerranno, “pre” bilanciano il giorno precedente. Non è così che funzioniamo e, anzi, questa è la strada migliore per iniziare a vivere di oppressioni e limitazioni.

Quando inizierai ad approcciarti alle occasioni in modo rilassato, ti renderai conto di due cose fondamentali:

  1. Dentro le occasioni, non sentirai il bisogno di strafogarti, bensì (a) sarai capace di selezionare il cibo che in quel momento più ti aggrada e (b) ti troverai a mangiare quel che ti basta per soddisfasti - senza fenomeni di discontrollo tipici dei “calcolatori”.

    Nella guida al pasto libero abbiamo parlato di questo e di quanto valore abbia arrivare nel tempo a selezionare. Gli alimenti sono un’infinità e all’incirca un’infinità quelli che possono piacerti. Arrivare a capire quali sono “sul podio” per te è qualcosa di estremamente pratico e spendibile anche nella dieta di tutti i giorni. Leggi la guida al pasto libero per capirne di più.

  2. Fuori dalle occasioni, ti renderai conto che il tuo comportamento cambierà in automatico per “auto-modulare”. Questo succederà sia nel prima (influendo su quello che farai nell’occasione stessa), sia nel dopo (influendo su quello che farai dopo).

    Ad esempio, se prima dell’occasione eviterai di pre-compensare, nell’occasione stessa ti renderai conto che la voglia di mangiare di più e diversamente, sarà limitata ad alimenti più sfiziosi o simbolici; quando, invece, pre-compensi (un po’ come quelli del bilancio calorico: “Mangia meno prima delle occasioni in cui sai che mangerai di più”), oltre alla voglia di mangiare alimenti sfiziosi, ci sarà la voglia di mangiare in generale - per necessità - con un effetto amplificato che più probabilmente ti porterà a stra-mangiare. Dopo l’occasione, invece, adottando un approccio rilassato, ti renderai conto che avrai dissipato la tua voglia di alimenti sfiziosi e, se avrai mangiato di più, si ridurrà anche la fame. Il mondo di chi bilancia calorie e nutrienti, invece, porta a un continuo stress da controllo perché i naturali (e umani) desideri e bisogni non vengono mai completamente dissipati. 

Non più sgarro

Nel lasciarci, diciamoci sinceramente questo: quando parliamo “amichevolmente”, possiamo usare l’espressione “pasto sgarro”. L’importante è che sia attribuita ad essa più un significato goliardico e divertente, che negativo e colpevolizzante. (Un po’ come abbiamo detto nella guida al pasto libero.)

Il senso dell’articolo è questo: farti capire che se ti ritrovi a “lasciarti andare” a cibo che consideri proibito, e ti senti in colpa per questo, non dovresti pensare a come rimediare, piuttosto dovresti risalire a monte e trovare perché hai avuto bisogno di quello sgarro e che significato ha avuto per te. Fatto questo, puoi procedere nel valutare le tue tempistiche, che non scoprirai subito, ma tramite un processo a prove ed errori, continue modulazioni e raffinazioni. Tutto questo ti permetterà di avere un approccio sempre più spontaneo, libero e (davvero) flessibile alla dieta - che includerà momenti di “relax alimentare”, come è giusto che sia.

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